tratto da http://www.corriere.it/scienze_e_tecnologie/09_marzo_10_
Sarà la riproposizione, in chiave moderna, di un’antica tecnica agricola precolombiana a salvare il pianeta dall’effetto serra? L’ipotesi è suggestiva ma non peregrina: ci stanno lavorando in diversi centri di ricerca scientifica in tutto il mondo, compreso l’Istituto di biometeorologia del CNR (Ibimet) di Firenze, dove un’equipe di studiosi coordinata dal dottor Franco Miglietta ha ottenuto già risultati molto incoraggianti. Leggi l'articolo
Il biochar è un carbone vegetale che si ottiene per pirolisi di diversi tipi di biomassa. Di particolare interesse risulta la sua produzione a partire da scarti agricoli : potature, stoppie di mais o grano, lolla di riso, mallo di mandorla, fogliame secco, ecc. La pirolisi permette di ottenere dalla biomassa un gas (syngas) con un potere calorifico pari al GPL che può essere utilizzato in processi produttivi che necessitino di calore (es : essiccazione), riscaldare locali o essere trasformato in energia elettrica.
Il sottoprodotto della pirolisi è il biochar (90% di carbonio) che, se applicato sui suoli, è un potente ammendante. La sua alta porosità permette infatti lo stoccaggio di acqua e elementi nutritivi che restano più a lungo disponibili per le piante; migliora inoltre la struttura del terreno e le sue proprietà meccaniche (Chan et al., 2007). Diversi studi hanno dimostrato l’impatto positivo che l’applicazione del biochar ha sulle rese agricole diminuendo il fabbisogno di acqua e fertilizzanti (Nishio, 1996; Hoshi, 2001; Lehmann et al., 2003; Yamato et al., 2006; Chan et al., 2007; Rondon et al., 2007).
La struttura aromatica del biochar permette a questo prodotto di non essere degradato dai microrganismi del suolo e quindi di stoccare carbonio invece che farlo tornare all’atmosfera sotto forma di CO2 come nel caso del compost o dei falò di potature (Kuhlbusch et al., 1996; Lehmann et al., 2002, Harris e Hill, 2007). Inoltre, secondo Yanai et al. (2007), l’impiego di biochar sui terreni agricoli permette di diminuire le emissioni di N2O dal suolo, gas a effetto serra con un Global Warming Potential 296 volte maggiore della CO2 (IPCC, 2001).
Ne risulta che il biochar è l’unica tecnica di mitigazione dei cambiamenti climatici che non sia solo carbon neutral, ma addirittura carbon negative, ovvero sequestra più carbonio di quanto ne emetta per produrre energia. Si stima che una fattoria di 250 ha che utilizzi bio-char addizionato d'azoto sia in grado di sequestrare 1900 tonnellate di Carbonio all’anno. Ulteriori ricerche sono necessarie nel settore, ma i risultati fino ad ora ottenuti sono positivi tanto da far credere che sia la più promettente strategia di mitigazione del cambiamento climatico.
Approfondisci l'argomento visitando i seguent link:
http://ec.europa.eu/environment/integration/research/newsalert/pdf/
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